[wp_ulike] Intorno al 1817, mentre visitava la chiesa di Santa Croce a Firenze, Stendhal, scrittore francese, fu colto da strane sensazioni: polso accelerato, difficoltà respiratoria e perdita di equilibrio.
Da questo grande personaggio del mondo della letteratura prende nome la nota sindrome di Stendhal, una patologia psicosomatica che può insorgere al cospetto di un’opera d’arte particolarmente evocativa.
Dopo attenti studi ci si è resi conto che tale sindrome si verifica di frequente al cospetto delle opere di Caravaggio e Michelangelo. Una patologia che trova quindi in Italia terreno fertile a motivo dell’immensa bellezza che il nostro paese costudisce, tale da far venir le vertigini a chi ne prende contezza e si lascia coinvolgere.
Successivamente la Sindrome di Stendhal venne studiata e diffusa dalla psichiatria italiana per mezzo di Graziella Margherini, responsabile del servizio per la salute mentale dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Firenze, che nel 1979 scrisse “La sindrome di Stendhal. Il malessere del viaggiatore di fronte alla grandezza dell’arte”, in cui analizza circa 100 casi. L’indagine prese atto dalla cura di turisti che, usciti dagli Uffizi, e in preda a singolari malori, si recavano nel vicino ospedale fiorentino.
Stendhal nella sua opera “Roma, Napoli e Firenze”, descrive gli effetti di questa patologia psicosomatica, che lui sperimentò in prima persona. Racconta che, durante una visita alla Basilica di Santa Croce a Firenze, fu colto da una crisi che lo costrinse a guadagnare l’uscita dell’edificio al fine di risollevarsi dalla reazione vertiginosa che il luogo d’arte scatenò nel suo animo.
Da cosa ha origine?
Grazie alla scoperta dei neuroni-specchio, negli anni ’90, possiamo avvicinarci alla comprensione delle basi neurologiche della fruizione estetica. Pare che il cervello di soggetti particolarmente sensibili riceva troppi impulsi visivi nello stesso momento, e che producano un’intensa eccitazione, che si tramuta nei sintomi descritti.
La spiegazione neurologica
Secondo il neurologo Semir Zeki, introduttore della “neuro-estetica”, noi siamo dotati di un cervello visivo con cui possiamo cercare di spiegare e capire la creazione artistica. Allo stesso modo siamo dotati di un cervello artistico, prolungamento di quello visivo.
Il nostro cervello non è un semplice spettatore passivo che si limita a registrare la realtà fisica del mondo esterno, ma è piuttosto un creativo: ogni volta che “vediamo” di fatto costruiamo nella nostra testa un’opera d’arte.
La risposta del cervello di fronte all’arte potrebbe non solo fornire spiegazioni maggiori sulla Sindrome di Stendhal, ma anche capire meglio il funzionamento del cervello, le cui logiche non sono ancora del tutto conosciute.
C’è un’innovativa teoria psicoanalitica inoltre che ipotizza che il soggetto, affetto dalla Sindrome di Stendhal, sia preso a livello inconscio da un attacco invidioso del bello del quale vorrebbe impossessarsi. Ciò produrrebbe reazioni neurovegetative e malesseri psicosomatici inclusa la cefalea.
Il soggetto sperimenta un senso di impotenza di fronte alla perfezione e ad una creatività che lo sconvolge. E’ come se volesse essere lui l’autore di tanta grandezza artistica, e sente perciò la sua impotenza di fronte a tale splendore.
fonte: Sapere, Focus, Donna Moderna, Oms